Cousteau Jacques-Yves Diolé Philippe
Alla ricerca dei tesori sommersi
Longanesi & C.
1971
Wright John
Alla ricerca dei tesori sommersi
PIEMME
1997
Johnstone Paul
Alla ricerca delle navi scomparse
Newton Ragazzi
1978
Roden Hans
Alla scoperta dei tesori sommersi
Mursia
1970
Platt C. - Wright J.
Alla scoperta delle isole del tesoro
PIEMME
1998
Pickford Nigel
Atlante dei tesori sommersi
DeAgostini
1995
Scott David
Con i palombari dell' Artiglio
Treves
1931
AA.VV.
Gli affascinanti enigmi dei tesori scomparsi
Ferni
1972
Charroux Robert
Guida ai tesori del mondo
Ed. Mediterranee
1976
Melegari Vezio
I tesori nascosti
Rizzoli
1972
Piekalkiewicz Janusz
I tesori nascosti
Garzanti
1973
Clarke C. Arthur
Il tesori della Grande Scogliera
Rizzoli
1970
Daley Robert
Il tesoro
Sperling & Kupfer
1982
Stenuit Robert
Il tesoro sommerso
Longanesi
1976
Petacco Arrigo
Italia terra di tesori
De Agostini
1987
Scott David
L' Artiglio e l' oro dell' Egipt
Mondadori
1933
Kinder Gary
L' oro degli abissi
Sperling & Kupfer
1998
Falcon-Barker Ted
L'oro del diavolo
Mursia
1971
Bufalari Giuseppe
La nave dei guerrieri
Fratelli Fabbri ed.
1976
Morris Roland
L'isola del tesoro
Mursia
1973
Bass F. George
Tesori in fondo al mare
Sonzogno
1981
Mitchell F. A. - Hedges
Tesori nascosti e mostri marini
BALDINI & CASTOLDI
1957
Rieseberg A.E.
Tesori negli abissi
Bompiani
1953
McClung Robert M
Tesori nel mare
N.G.S - Giunti Marzocco
1978
Iberti Carlo
Tre miliardi nella baia di Vigo
Hoepli U.
1942
Massimo Centini
Tesori Scomparsi
De Vecchi Edizioni
2005
Barry Clifford - Paul Perry
L'oro del Pirata
Piemme Poket
2002
Enrico Cappelletti
Il tesoro del VanLinden
IRECO
2003
Enrico Cappelletti-Gianluca Mirto
L'oro dell'Elba Operazione Polluce
Magenes
2004
Michael Bradley e Ted Streuli
I piu' grandi Tesori del Mondo Storia e Leggenda
Gremese
2005
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lunedì 24 dicembre 2007
I tesori sommersi dell'Egitto
BONN (D). I tesori sommersi dell'Egitto.
Articolo inserito il: 01/04/2007dal 5 aprile 2007 al 6 gennaio 2008
In mostra più di 500 manufatti, rinvenuti negli ultimi dieci anni sul fondale del mare al largo di Alessandria d'Egitto dall'archeologo subacqueo Franck Goddio.
Grazie all'utilizzo della risonanza magnetica ed al sonar, Goddio ha identificato la città scomparsa di Heraklion, il porto sommerso dell'antica Alessandria e ha portato alla luce statue, gioielli, monete ed oggetti di culto
Articolo inserito il: 01/04/2007dal 5 aprile 2007 al 6 gennaio 2008
In mostra più di 500 manufatti, rinvenuti negli ultimi dieci anni sul fondale del mare al largo di Alessandria d'Egitto dall'archeologo subacqueo Franck Goddio.
Grazie all'utilizzo della risonanza magnetica ed al sonar, Goddio ha identificato la città scomparsa di Heraklion, il porto sommerso dell'antica Alessandria e ha portato alla luce statue, gioielli, monete ed oggetti di culto
mercoledì 24 ottobre 2007
Libri pubblicati in italia che trattano di tesori sommersi
L'isola del tesoro sommerso Roland Morris
I fatti narrati in questo libro si svolgono negli anni '60 e raccontano dell'avventurosa ricerca e ritrovamento del relitto della nave da guerra britannica "Association", che naufragò in una notte di ottobre del 1707 al largo delle isole Scilly. Lunga 50 metri, 30 fuori tutto, aveva 640 uomini d'equipaggio e trasportava 30,6 tonnellate di palle di cannone (fuse e battute) e 9,7 tonnellate di polvere nera, oltre ad un tesoro costituito da un ingente quantitativo di monete d'oro e d'argento. Queste pagine, così avvincenti, sono soprattutto una testimonianza emozionante dello spirito che pervadeva il mondo subacqueo di quegli anni. Bisogna infatti tener conto delle mille difficoltà incontrate, legate a un'attrezzatura che allora era ancora molto rudimentale e poco affidabile. Roland Morris, oltre a essere l'autore del libro, è stato anche l'ideatore e il finanziatore dell'impresa. Un gran racconto di avventura, uno straordinario reportage che percorre tutte le tappe della spedizione e che non potrà non appassionare, non solo i subacquei ma anche gli amanti del genere avventuroso.
Grand Bahama
L'isola del tesoro
di Enrico Cappelletti
1964, Freeport. Isola di Grand Bahama. Qui inizia e si conclude in un breve lasso di tempo la straordinaria avventura di quattro subacquei che ritrovarono a pochi metri di profondità migliaia di monete d'argento spagnole del '600, imbattendosi nel relitto di una nave sconosciuta. L'autore, allora croupier al Montecarlo Casino dell'isola, racconta come i quattro giovani scopritori, incapaci di gestire tanta inaspettata fortuna, solamente un anno dopo il ritrovamento furono costretti a lasciare l'isola inseguiti dai creditori, abbandonando una parte del tesoro in fondo al mare e quella recuperata in mano a personaggi senza scrupoli.
L'oro degli abissi di Gary Kinder
Tre sono le date fondamentali di questa storia che l'autore ha scritto, vivendone di persona la parte finale. Nel 1848 un uomo trova una pepita d'oro puro in California. Si scatena così la febbre dell'oro che attira all'ovest tanta gente in cerca di fortuna. Nel 1857 "Central America", una nave a vapore, affonda a largo della Carolina con il suo carico di oro frutto del duro lavoro di anni, dei cinquecento passeggeri. Molti si salvano, grazie al tempismo del comandante che li fa trasbordare su un brigantino di passaggio. Poi "Central America" sparisce tra le acque con il suo carico di oro e di uomini. Nel 1984 Tommy Thompson, un giovane ingegnere con il pallino delle invenzioni decide di tentare il recupero, basandosi su ardite teorie scientifiche. Qui parte la storia che l'autore condisce di scene avventurose, in un'alternanza di flash back che incalzano fino al recupero e poi ancora fino alla sentenza del tribunale, che attribuisce all'intrepido ricercatore gran parte dei beni recuperati. Un intrecciarsi di coraggio, avventura e scoperte scientifiche, che hanno portato al recupero del più grande tesoro di tutti i tempi.
L'Oro dell'Elba Operazione Polluce di Enrico Cappelletti e Gianluca Mirto
Sulla copertina del libro troneggia uno splendido gioiello: un pendente, a forma di croce spagnola, oro 18 carati, con 17 smeraldi. E' solo uno dei numerosissimi monili, oltre a 170.000 monete tra oro e argento, facenti parte del preziosissimo carico del "Polluce", una nave affondata nel 1841 al largo dell'isola d'Elba. Nel 2002, la polizia inglese ha restituito alle autorità italiane un ricco bottino che un gruppo di inglesi aveva illegalmente recuperato dal relitto. Avvalendosi di documenti, fotografie, leggende raccontate sull'isola, i due autori hanno ricostruito tutta la vicenda della nave, scoprendo che il naufragio probabilmente non fu del tutto accidentale, ma provocato dalla compagnia rivale per motivi economici e politici, sullo sfondo dei moti carbonari e delle lotte per l'indipendenza e l'unità d'Italia. Ne viene fuori una storia avvincente, avventurosa e fitta di misteri che si dipanano nel corso dei secoli. Ma l'enigma fondamentale rimane irrisolto: quanto ancora giace sul fondo del mare, proprio davanti alle coste dell'Elba? Recuperare la nave e il tesoro sarebbe di fondamentale importanza.
Atlante dei tesori sommersi
Storia, ubicazione, descrizione, mappe e tesori delle navi scomparse in mare
di Nigel Pickford
E' una vera e propria enciclopedia del relitto, che Nigel Pickford, appartenente ad una famiglia che da più di 50 anni opera nel campo della ricerca e del recupero delle navi, ha scritto sulla base del suo immenso archivio.E' praticamente divisa da tavole di collocazionetemporale dei naufragi, cui seguono le descrizioni delle navi, con le caratteristiche i disegni le eventuali foto del relitto e del materiale recuperato. Non mancano la descrizione delle attrezzature e delle tecnologie di recupero, oltre ad uno studio del tipo di imbarcazione. Dalle navi vichinghe, all'Invincibile Armata, dal "Bonhomme Richard" al "Titanic" ed alla "Andrea Doria", sono 40 i relitti di cui viene presa iconsiderazione la vicenda, la collocazione e l'eventuale storia del recupero. A conclusione, le cartine che localizzano ben 1400 relitti in tutto il mondo ed un catalogo alfabetico che ne schematizza le caratteristiche tecniche, la data di affondamento, il tipo di carico e la cronologia delle immerisoni di recupero.
L'oro del Diavolo
Una storia reale che supera anche le piu' incredibili storie di cacciatori di tesori. Ted Falcon-Barker esiste realmente ed e' ossessionato dalla caccia ai tesori; a furia di consultare mappe e archivi ne ha rintracciato uno su una scogliera sommersa, nella zona di mare della "Scogliera dell'argento", a nord di Haiti-Santo Domingo. Nel 1967, insieme a Jill Reed, giovane giornalista, e a Hugh McDonald, marinaio scozzese, organizza una spedizione e riesce in parte a recuperare il tesoro di William Phips, enigmatico avventuriero del Seicento.
I fatti narrati in questo libro si svolgono negli anni '60 e raccontano dell'avventurosa ricerca e ritrovamento del relitto della nave da guerra britannica "Association", che naufragò in una notte di ottobre del 1707 al largo delle isole Scilly. Lunga 50 metri, 30 fuori tutto, aveva 640 uomini d'equipaggio e trasportava 30,6 tonnellate di palle di cannone (fuse e battute) e 9,7 tonnellate di polvere nera, oltre ad un tesoro costituito da un ingente quantitativo di monete d'oro e d'argento. Queste pagine, così avvincenti, sono soprattutto una testimonianza emozionante dello spirito che pervadeva il mondo subacqueo di quegli anni. Bisogna infatti tener conto delle mille difficoltà incontrate, legate a un'attrezzatura che allora era ancora molto rudimentale e poco affidabile. Roland Morris, oltre a essere l'autore del libro, è stato anche l'ideatore e il finanziatore dell'impresa. Un gran racconto di avventura, uno straordinario reportage che percorre tutte le tappe della spedizione e che non potrà non appassionare, non solo i subacquei ma anche gli amanti del genere avventuroso.
Grand Bahama
L'isola del tesoro
di Enrico Cappelletti
1964, Freeport. Isola di Grand Bahama. Qui inizia e si conclude in un breve lasso di tempo la straordinaria avventura di quattro subacquei che ritrovarono a pochi metri di profondità migliaia di monete d'argento spagnole del '600, imbattendosi nel relitto di una nave sconosciuta. L'autore, allora croupier al Montecarlo Casino dell'isola, racconta come i quattro giovani scopritori, incapaci di gestire tanta inaspettata fortuna, solamente un anno dopo il ritrovamento furono costretti a lasciare l'isola inseguiti dai creditori, abbandonando una parte del tesoro in fondo al mare e quella recuperata in mano a personaggi senza scrupoli.
L'oro degli abissi di Gary Kinder
Tre sono le date fondamentali di questa storia che l'autore ha scritto, vivendone di persona la parte finale. Nel 1848 un uomo trova una pepita d'oro puro in California. Si scatena così la febbre dell'oro che attira all'ovest tanta gente in cerca di fortuna. Nel 1857 "Central America", una nave a vapore, affonda a largo della Carolina con il suo carico di oro frutto del duro lavoro di anni, dei cinquecento passeggeri. Molti si salvano, grazie al tempismo del comandante che li fa trasbordare su un brigantino di passaggio. Poi "Central America" sparisce tra le acque con il suo carico di oro e di uomini. Nel 1984 Tommy Thompson, un giovane ingegnere con il pallino delle invenzioni decide di tentare il recupero, basandosi su ardite teorie scientifiche. Qui parte la storia che l'autore condisce di scene avventurose, in un'alternanza di flash back che incalzano fino al recupero e poi ancora fino alla sentenza del tribunale, che attribuisce all'intrepido ricercatore gran parte dei beni recuperati. Un intrecciarsi di coraggio, avventura e scoperte scientifiche, che hanno portato al recupero del più grande tesoro di tutti i tempi.
L'Oro dell'Elba Operazione Polluce di Enrico Cappelletti e Gianluca Mirto
Sulla copertina del libro troneggia uno splendido gioiello: un pendente, a forma di croce spagnola, oro 18 carati, con 17 smeraldi. E' solo uno dei numerosissimi monili, oltre a 170.000 monete tra oro e argento, facenti parte del preziosissimo carico del "Polluce", una nave affondata nel 1841 al largo dell'isola d'Elba. Nel 2002, la polizia inglese ha restituito alle autorità italiane un ricco bottino che un gruppo di inglesi aveva illegalmente recuperato dal relitto. Avvalendosi di documenti, fotografie, leggende raccontate sull'isola, i due autori hanno ricostruito tutta la vicenda della nave, scoprendo che il naufragio probabilmente non fu del tutto accidentale, ma provocato dalla compagnia rivale per motivi economici e politici, sullo sfondo dei moti carbonari e delle lotte per l'indipendenza e l'unità d'Italia. Ne viene fuori una storia avvincente, avventurosa e fitta di misteri che si dipanano nel corso dei secoli. Ma l'enigma fondamentale rimane irrisolto: quanto ancora giace sul fondo del mare, proprio davanti alle coste dell'Elba? Recuperare la nave e il tesoro sarebbe di fondamentale importanza.
Atlante dei tesori sommersi
Storia, ubicazione, descrizione, mappe e tesori delle navi scomparse in mare
di Nigel Pickford
E' una vera e propria enciclopedia del relitto, che Nigel Pickford, appartenente ad una famiglia che da più di 50 anni opera nel campo della ricerca e del recupero delle navi, ha scritto sulla base del suo immenso archivio.E' praticamente divisa da tavole di collocazionetemporale dei naufragi, cui seguono le descrizioni delle navi, con le caratteristiche i disegni le eventuali foto del relitto e del materiale recuperato. Non mancano la descrizione delle attrezzature e delle tecnologie di recupero, oltre ad uno studio del tipo di imbarcazione. Dalle navi vichinghe, all'Invincibile Armata, dal "Bonhomme Richard" al "Titanic" ed alla "Andrea Doria", sono 40 i relitti di cui viene presa iconsiderazione la vicenda, la collocazione e l'eventuale storia del recupero. A conclusione, le cartine che localizzano ben 1400 relitti in tutto il mondo ed un catalogo alfabetico che ne schematizza le caratteristiche tecniche, la data di affondamento, il tipo di carico e la cronologia delle immerisoni di recupero.
L'oro del Diavolo
Una storia reale che supera anche le piu' incredibili storie di cacciatori di tesori. Ted Falcon-Barker esiste realmente ed e' ossessionato dalla caccia ai tesori; a furia di consultare mappe e archivi ne ha rintracciato uno su una scogliera sommersa, nella zona di mare della "Scogliera dell'argento", a nord di Haiti-Santo Domingo. Nel 1967, insieme a Jill Reed, giovane giornalista, e a Hugh McDonald, marinaio scozzese, organizza una spedizione e riesce in parte a recuperare il tesoro di William Phips, enigmatico avventuriero del Seicento.
sabato 6 ottobre 2007
Tesori Nascosti
Tesori nascosti.. . Da quando le navi hanno cominciato a solcare i mari ci furono dei naufragi. Molte navi sono affondate con i loro equipaggi a causa degli uragani, degli scogli insidiosi, delle battaglie navali e delle scorrerie di pirati. Ci sono stati perfino dei capitani che hanno aperto delle falle nelle proprie imbarcazioni per ricavarne un vantaggio. Ogni nave colata a picco può contenere un tesoro sommerso. Ai nostri giorni, gli spiriti avventurosi sono soprattutto affascinati dal pensiero dei galeoni spagnoli del '500 e del '600, affondati mentre trasportavano oro e argento dal Nuovo Mondo ai forzieri europei. Tuttavia non bisogna dimenticare che le navi spagnole erano registrate accuratamente e che le operazioni di salvataggio iniziavano subito dopo che la notizia del naufragio era giunta a terra. Naturalmente a quel tempo i soccorritori disponevano di attrezzature insufficienti, ma non dobbiamo sottovalutare l'abilità eccezionale dei tuffatori indigeni. Comunque i sub moderni hanno ricuperato enormi ricchezze da relitti gia ispezionati in precedenza dieci o quindici volte con attrezzature meno perfezionate di quelle attuali. In passato furono compiuti pochi tentativi di ricuperare navi naufragate in acque profonde al disotto del limite di immersione in apnea. Esse giacciono ancora in gran parte sul fondo del mare, in attesa che coraggiosi sub vadano a scoprirle. I galeoni spagnoli non sono i soli velieri affondati con il loro prezioso carico. Nel Mediterraneo ci sono relitti di navi fenice, egiziane, greche e romane e, tra queste, alcune erano certo cariche di oro africano. Le navi che seguivano la rotta da Manila al Sud America trasportavano sicuramente porcellane asiatiche e altri oggetti preziosi. Così accadde che parte di questi tesori cinesi affondassero nelle acque del Pacifico meridionale. Lungo tutte le grandi rotte percorse da navi mercantili si trovano ancora molti relitti. Una delle prime rotte mercantili attraversava l'oceano indiano. I marinai, infatti, impararono ben presto a navigare sfruttando i monsoni che all'andata soffiavano in una direzione e al ritorno, nella stagione successiva, in senso opposto. Certo i naufragi non mancarono lungo quei percorsi molto battuti. Gli eventuali relitti di quelle navi, che risalgono all'era precristiana, interesserebbero di più gli archeologi che non i cacciatori di tesori. E' difficile localizzare i tesori sommersi, certo molto più difficile di quanto credono i bambini che sognano di trovare una mappa smarrita segnata con una X. A volte occorrono anni di ricerche prima di poter organizzare una spedizione; si devono decifrare manoscritti redatti in lingue antiche e predisporre costose ricognizioni. infine il fortunato scopritore del tesoro raramente può tenerselo tutto per sé. Un cittadino italiano e uno francese, indipendentemente dall'area in cui ricuperano un relitto, devono versare praticamente il 100 per cento del materiale trovato al governo che è il solo a decidere quale compenso spetti allo scopritore. Secondo le disposizioni dei governi spagnolo e portoghese le antiche navi, che un tempo battevano la loro bandiera, appartengono ancora a questi due paesi. Se un relitto è localizzato al largo delle coste della Florida, entro le acque territoriali, un quarto del tesoro spetta allo stato. Ma, nonostante questi imprevisti, ci sono ancora uomini che si sentono prudere le mani appena odono pronunciare le magiche parole «tesori sommersi».
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Relitti e tesori sommersi
C'è chi si è spinto ad affermare che i relitti custoditi dai fondali di mari e oceani sarebbero, calcolando il tutto a partire da circa 3000 anni fa, più di tre milioni. Questo genere di cifre lasciano sempre un po' perplessi: come diavolo vengono calcolate? Registri di navigazione con dati attendibili si hanno a partire dall'epoca delle prime grandi navigazioni, ovvero intorno alla fine del 1400. Sui dati relativi alle navi fenicie affondate nel 600 a.C. sembra doveroso dubitare.Eppure è fuor di dubbio che nella quiete delle profondità marine le navi siano tante; se tre milioni non sono una cifra rigorosamente calcolata, sono però assolutamente verosimili.
Il 12 settembre del 1857 la nave da trasporto Central America affondò al largo della Carolina del Nord, a causa di un uragano. Con una scelta di assoluta imprudenza, 60 banche nord americane avevano stipato la nave di lingotti e monete d'oro, per un valore complessivo intorno ai 200 milioni di dollari. Finirono tutti in fondo al mare e con essi, purtroppo, anche 425 persone che si trovavano a bordo.E qui sta il punto. In tremila anni, quanto oro è finito in fondo al mare? Quante pietre preziose? Non solo: quanti reperti, di grande valore archeologico e artistico? Anche in questo caso possiamo dire che la mancanza di una valutazione precisa non ci allontana dalla sensazione che immense siano le ricchezze custodite sotto le onde.Ma una cosa vale tanto se rendere "praticabile" tale valore non richiede costi che lo travalicano. Alcune regioni italiane, per esempio, sono ricchissime di oro, ma si tratta di una presenza molto dispersa: per recuperare un grammo bisognerebbe movimentare 5 tonnellate di terra. Non conviene.
La svolta nelle tecnologie di perlustrazione dei fondali è arrivata dagli AUV, Autonomous Underwater Vehicle, ovvero veicoli che non hanno bisogno di essere guidati da umani né di un controllo in remoto, ovvero da una nave in superficie. Gli AUV sono in grado di fare da soli il lavoro, come già avviene per alcune sonde spaziali inviate su pianeti come Marte. La diminuzione dei costi è notevole ma anche l'efficienza sale perché gli AUV sono molto più rapidi nella navigazione e nel rilevamento. Qui vediamo una illustrazione di Xanthos, un AUV messo a punto dal MIT di Boston. C'è un web che descrive Xanthos ed altri suoi "colleghi
Cercare tesori in fondo al mare è un'attività che ha sempre dovuto fare i conti con il rapporto costi/ricavi, con il risultato che i migliori risultati si sono ottenuti dai pazienti lavori di ricerca fatti da singoli o piccoli gruppi, provvisti di attrezzature subacquee non troppo costose.Si sono visti all'opera anche piccoli sommergibili, con umani a bordo o teleguidati, e la spedizione alla ricerca del Titanic ne è stato un notevole esempio. Su grandi obiettivi il gioco vale la candela, ma se si vuole passare a un'attività di perlustrazione sistematica i conti non tornano.
Non tornavano, sarebbe meglio dire. La tecnologia del rilevamento sottomarino ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, e ora ci ritroviamo con strumenti in grado di individuare oggetti delle dimensioni di una bottiglia anche a distanza di centinaia di metri. Fino a poco tempo fa le tecniche di localizzazione consentivano di esplorare 5 o 6 miglia quadrate di mare in un giorno di lavoro. Oggi si è passati a dieci volte tanto, con costi scesi di altrettanto.
Tutto ciò sta creando un notevole problema, con un'interessante inversione di tendenza nelle culture del libero mercato. Di chi sono, per esempio, i lingotti della Central America? Le leggi del mare ci dicono che il relitto è di che lo trova, ma adesso troppo oro sta luccicando in mezzo al blu e ai pesci. Gli Stati si stanno facendo avanti, siglando accordi sulla proprietà dei relitti. Anche l'Unesco sta formulando una proposta internazionale di regolamentazione dei recuperi, pensando non tanto all'oro ma ai patrimoni di interesse culturale che potrebbero finire in un vortice di aste e mercanti.
Il dato è evidente: se migliaia di piccole nuove imprese "subacquee" si tuffano a cercare patrimoni in tutti i mari, può uscirne un vero pandemonio. Ci vogliono delle regole, anche per il mondo dei relitti
Il 12 settembre del 1857 la nave da trasporto Central America affondò al largo della Carolina del Nord, a causa di un uragano. Con una scelta di assoluta imprudenza, 60 banche nord americane avevano stipato la nave di lingotti e monete d'oro, per un valore complessivo intorno ai 200 milioni di dollari. Finirono tutti in fondo al mare e con essi, purtroppo, anche 425 persone che si trovavano a bordo.E qui sta il punto. In tremila anni, quanto oro è finito in fondo al mare? Quante pietre preziose? Non solo: quanti reperti, di grande valore archeologico e artistico? Anche in questo caso possiamo dire che la mancanza di una valutazione precisa non ci allontana dalla sensazione che immense siano le ricchezze custodite sotto le onde.Ma una cosa vale tanto se rendere "praticabile" tale valore non richiede costi che lo travalicano. Alcune regioni italiane, per esempio, sono ricchissime di oro, ma si tratta di una presenza molto dispersa: per recuperare un grammo bisognerebbe movimentare 5 tonnellate di terra. Non conviene.
La svolta nelle tecnologie di perlustrazione dei fondali è arrivata dagli AUV, Autonomous Underwater Vehicle, ovvero veicoli che non hanno bisogno di essere guidati da umani né di un controllo in remoto, ovvero da una nave in superficie. Gli AUV sono in grado di fare da soli il lavoro, come già avviene per alcune sonde spaziali inviate su pianeti come Marte. La diminuzione dei costi è notevole ma anche l'efficienza sale perché gli AUV sono molto più rapidi nella navigazione e nel rilevamento. Qui vediamo una illustrazione di Xanthos, un AUV messo a punto dal MIT di Boston. C'è un web che descrive Xanthos ed altri suoi "colleghi
Cercare tesori in fondo al mare è un'attività che ha sempre dovuto fare i conti con il rapporto costi/ricavi, con il risultato che i migliori risultati si sono ottenuti dai pazienti lavori di ricerca fatti da singoli o piccoli gruppi, provvisti di attrezzature subacquee non troppo costose.Si sono visti all'opera anche piccoli sommergibili, con umani a bordo o teleguidati, e la spedizione alla ricerca del Titanic ne è stato un notevole esempio. Su grandi obiettivi il gioco vale la candela, ma se si vuole passare a un'attività di perlustrazione sistematica i conti non tornano.
Non tornavano, sarebbe meglio dire. La tecnologia del rilevamento sottomarino ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, e ora ci ritroviamo con strumenti in grado di individuare oggetti delle dimensioni di una bottiglia anche a distanza di centinaia di metri. Fino a poco tempo fa le tecniche di localizzazione consentivano di esplorare 5 o 6 miglia quadrate di mare in un giorno di lavoro. Oggi si è passati a dieci volte tanto, con costi scesi di altrettanto.
Tutto ciò sta creando un notevole problema, con un'interessante inversione di tendenza nelle culture del libero mercato. Di chi sono, per esempio, i lingotti della Central America? Le leggi del mare ci dicono che il relitto è di che lo trova, ma adesso troppo oro sta luccicando in mezzo al blu e ai pesci. Gli Stati si stanno facendo avanti, siglando accordi sulla proprietà dei relitti. Anche l'Unesco sta formulando una proposta internazionale di regolamentazione dei recuperi, pensando non tanto all'oro ma ai patrimoni di interesse culturale che potrebbero finire in un vortice di aste e mercanti.
Il dato è evidente: se migliaia di piccole nuove imprese "subacquee" si tuffano a cercare patrimoni in tutti i mari, può uscirne un vero pandemonio. Ci vogliono delle regole, anche per il mondo dei relitti
I grandi tesori sommersi
I grandi tesori sommersi
Immaginate tutto l’oro, l’argento e le pietre preziose estratti dalle viscere della Terra nel corso della Storia. Pensate ora che un quarto di tutto questo immane tesoro sia nascosto. Dove? Nelle profondità degli abissi marini, sigillato nei forzieri di velieri, galeoni e vascelli affondati. Oggi, la caccia a queste ricchezze sommerse è aperta. Ed è, più che mai, spietata. Centinaia di navi che solcano gli oceani cariche di diamanti, gioielli e monete d’oro: sono i primi anni del 1500 e la conquista delle Americhe dà il via a un intenso traffico tra il vecchio continente e le nuove colonie, incredibilmente ricche di tesori. Si moltiplicano allora viaggi rischiosi e pieni di insidie, che spesso finiscono nel buio dei fondali marini. Per avere un’idea di quanto fossero affollate le rotte oceaniche, basta pensare che solo a Siviglia e solo nei trent’anni dal 1530 al 1560, i registri portuali annotano 101 tonnellate d’oro e 567 d’argento in arrivo dal Nuovo Mondo. Ma sono perlomeno altrettanti i carichi che, in quegli stessi anni, non giungono mai a destinazione vittime di uragani, bufere e pirati. I velieri colati a picco negli ultimi cinque secoli trasportavano tesori il cui valore complessivo è stimato in oltre 400 miliardi di euro. Oggi le tecnologie satellitari e digitali rappresentano, per i nuovi corsari del mare, raffinati strumenti con cui individuare i relitti inabissati e depredarli delle loro ricchezze sommerse. Non è un caso che negli scorsi mesi si siano moltiplicati gli annunci di avvistamenti spettacolari, che accendono però furiose polemiche internazionali. Al largo della Georgia, i robot subacquei della società d’affari Odyssey identificano il relitto dell’SSRepublic, un battello naufragato nel 1865 che trasportava 20 mila monete d’oro. Negli stessi giorni in Cornovaglia, all’altro capo dell’oceano, il famoso “cacciatore di tesori” Colin Martin, annuncia invece di avere localizzato il President, lo storico veliero affondato nel 1683 insieme al suo eccezionale carico di diamanti, valutati oltre 150 milioni di euro. Ma gli occhi dei predatori sono rivolti soprattutto al largo della Florida. È lì, infatti, che il primo novembre del 1755 si inabissò il favoloso galeone Notre Dame de la Deliverance. La Deliverance trasportava oro dalle miniere messicane alla corte spagnola di Carlo III: 15 mila dobloni, mezza tonnellata di lingotti, 153 forzieri di polvere e molto altro ancora. Valore? Tre miliardi di euro. Per il recupero della Deliverance è però esplosa una vera e propria bagarre: la Spagna reclama infatti la proprietà di tutto il carico, ma la società privata americana che ha ritrovato il galeone, non vuole cedere il bottino. E non è tutto. All’epoca del naufragio la flotta spagnola era impegnata nella guerra contro la Gran Bretagna: per il trasporto delle merci doveva quindi avvalersi di navi della Compagnia Francese delle Indie Occidentali. Ecco perché anche Parigi potrebbe ora reclamare parte del tesoro… La sorte di questi tesori, oggi come allora, sembra in grado di cambiare i rapporti tra le nazioni. La Storia avrebbe preso strade diverse se alcuni carichi d’oro fossero giunti a destinazione al momento giusto. Il caso più emblematico è quello del vascello Sussex, al centro di una furibonda disputa tra Madrid e Londra. Parliamo della leggendaria “Nave d’oro”. Come sarebbe cambiata la Storia se il Sussex avesse raggiunto la sua destinazione? Lo scopo del viaggio segreto dell’ammiraglio Wheeler e della sua Nave d’Oro era infatti quello di portare un “omaggio” che convincesse il duca Vittorio Amedeo di Savoia a continuare la guerra contro la Francia di Luigi XIV. Il Re Sole. Ma il naufragio di Wheeler cambiò tutto. Amedeo II, sentendosi abbandonato, passò infatti dalla parte dei francesi, non conoscendo l’entità del tesoro a bordo del Sussex: una vera e propria montagna d’oro e d’argento, il cui valore attuale è stimato in 4 miliardi di euro. Inabissato al largo di Gibilterra giace insomma il più grande tesoro mai nascosto nel mare. 4 miliardi di euro. Una cifra da capogiro che – come si accennava precedentemente – sta portando a una rottura diplomatica tra Spagna e Inghilterra. Ma anche in Italia, il mediterraneo custodisce tesori ragguardevoli. È di quest’estate il giallo del Pollux, il piroscafo naufragato al largo dell’isola d’Elba. Un intrigo internazionale, risolto solo grazie alla collaborazione dei Carabinieri con gli ispettori di Scotland Yard. È il febbraio del 2000 quando un gruppo di sub inglesi porta l’assalto al relitto del Pollux. Il piroscafo affondò al largo delle coste elbane nel 1841, speronato dal Mongibello, un postale dei Vapori Napoletani. Puro incidente? Difficile crederlo, visto che il Pollux trasportava qualcosa che “non doveva raggiungere Genova”. Si trattava probabilmente di finanziamenti inglesi per i patrioti Italiani. Oro, monete, e smeraldi valutati trecento milioni di euro. Durante le immersioni, testimoni raccontano che la nave britannica era pattugliata da marinai armati che distruggono il relitto e spariscono con una piccola parte del bottino: monete e reperti per 2 milioni di euro. Ma a questo punto entra in gioco Scotland Yard: con l’aiuto dei nostri Carabinieri tutti i tasselli vengono ricostruiti. C’è solo da aspettare che i “corsari” si tradiscano. E il passo falso avviene puntualmente nell’ottobre 2002: a due anni di distanza dal furto, i quattro sub inglesi mettono in vendita i reperti del Pollux nelle più famose case d’asta londinesi. La loro cattura è immediata e il tesoro viene interamente restituito all’Italia. Sul fondo del Tirreno rimarrà però, ormai irrecuperabile, la maggior parte del tesoro. Immense fortune, viaggi avventurosi su velieri da sogno, mappe segrete che nascondono i luoghi del naufragio. Ci sono tutti gli ingredienti per accendere la fantasia di ricchi imprenditori senza scrupoli. Sono i “nuovi pirati”, che al posto di sciabole e uncini mostrano scafandri e detector satellitari. Ma gli sterminati fondali oceanici sono così ricchi di tesori che sarà difficile fermarli.
Immaginate tutto l’oro, l’argento e le pietre preziose estratti dalle viscere della Terra nel corso della Storia. Pensate ora che un quarto di tutto questo immane tesoro sia nascosto. Dove? Nelle profondità degli abissi marini, sigillato nei forzieri di velieri, galeoni e vascelli affondati. Oggi, la caccia a queste ricchezze sommerse è aperta. Ed è, più che mai, spietata. Centinaia di navi che solcano gli oceani cariche di diamanti, gioielli e monete d’oro: sono i primi anni del 1500 e la conquista delle Americhe dà il via a un intenso traffico tra il vecchio continente e le nuove colonie, incredibilmente ricche di tesori. Si moltiplicano allora viaggi rischiosi e pieni di insidie, che spesso finiscono nel buio dei fondali marini. Per avere un’idea di quanto fossero affollate le rotte oceaniche, basta pensare che solo a Siviglia e solo nei trent’anni dal 1530 al 1560, i registri portuali annotano 101 tonnellate d’oro e 567 d’argento in arrivo dal Nuovo Mondo. Ma sono perlomeno altrettanti i carichi che, in quegli stessi anni, non giungono mai a destinazione vittime di uragani, bufere e pirati. I velieri colati a picco negli ultimi cinque secoli trasportavano tesori il cui valore complessivo è stimato in oltre 400 miliardi di euro. Oggi le tecnologie satellitari e digitali rappresentano, per i nuovi corsari del mare, raffinati strumenti con cui individuare i relitti inabissati e depredarli delle loro ricchezze sommerse. Non è un caso che negli scorsi mesi si siano moltiplicati gli annunci di avvistamenti spettacolari, che accendono però furiose polemiche internazionali. Al largo della Georgia, i robot subacquei della società d’affari Odyssey identificano il relitto dell’SSRepublic, un battello naufragato nel 1865 che trasportava 20 mila monete d’oro. Negli stessi giorni in Cornovaglia, all’altro capo dell’oceano, il famoso “cacciatore di tesori” Colin Martin, annuncia invece di avere localizzato il President, lo storico veliero affondato nel 1683 insieme al suo eccezionale carico di diamanti, valutati oltre 150 milioni di euro. Ma gli occhi dei predatori sono rivolti soprattutto al largo della Florida. È lì, infatti, che il primo novembre del 1755 si inabissò il favoloso galeone Notre Dame de la Deliverance. La Deliverance trasportava oro dalle miniere messicane alla corte spagnola di Carlo III: 15 mila dobloni, mezza tonnellata di lingotti, 153 forzieri di polvere e molto altro ancora. Valore? Tre miliardi di euro. Per il recupero della Deliverance è però esplosa una vera e propria bagarre: la Spagna reclama infatti la proprietà di tutto il carico, ma la società privata americana che ha ritrovato il galeone, non vuole cedere il bottino. E non è tutto. All’epoca del naufragio la flotta spagnola era impegnata nella guerra contro la Gran Bretagna: per il trasporto delle merci doveva quindi avvalersi di navi della Compagnia Francese delle Indie Occidentali. Ecco perché anche Parigi potrebbe ora reclamare parte del tesoro… La sorte di questi tesori, oggi come allora, sembra in grado di cambiare i rapporti tra le nazioni. La Storia avrebbe preso strade diverse se alcuni carichi d’oro fossero giunti a destinazione al momento giusto. Il caso più emblematico è quello del vascello Sussex, al centro di una furibonda disputa tra Madrid e Londra. Parliamo della leggendaria “Nave d’oro”. Come sarebbe cambiata la Storia se il Sussex avesse raggiunto la sua destinazione? Lo scopo del viaggio segreto dell’ammiraglio Wheeler e della sua Nave d’Oro era infatti quello di portare un “omaggio” che convincesse il duca Vittorio Amedeo di Savoia a continuare la guerra contro la Francia di Luigi XIV. Il Re Sole. Ma il naufragio di Wheeler cambiò tutto. Amedeo II, sentendosi abbandonato, passò infatti dalla parte dei francesi, non conoscendo l’entità del tesoro a bordo del Sussex: una vera e propria montagna d’oro e d’argento, il cui valore attuale è stimato in 4 miliardi di euro. Inabissato al largo di Gibilterra giace insomma il più grande tesoro mai nascosto nel mare. 4 miliardi di euro. Una cifra da capogiro che – come si accennava precedentemente – sta portando a una rottura diplomatica tra Spagna e Inghilterra. Ma anche in Italia, il mediterraneo custodisce tesori ragguardevoli. È di quest’estate il giallo del Pollux, il piroscafo naufragato al largo dell’isola d’Elba. Un intrigo internazionale, risolto solo grazie alla collaborazione dei Carabinieri con gli ispettori di Scotland Yard. È il febbraio del 2000 quando un gruppo di sub inglesi porta l’assalto al relitto del Pollux. Il piroscafo affondò al largo delle coste elbane nel 1841, speronato dal Mongibello, un postale dei Vapori Napoletani. Puro incidente? Difficile crederlo, visto che il Pollux trasportava qualcosa che “non doveva raggiungere Genova”. Si trattava probabilmente di finanziamenti inglesi per i patrioti Italiani. Oro, monete, e smeraldi valutati trecento milioni di euro. Durante le immersioni, testimoni raccontano che la nave britannica era pattugliata da marinai armati che distruggono il relitto e spariscono con una piccola parte del bottino: monete e reperti per 2 milioni di euro. Ma a questo punto entra in gioco Scotland Yard: con l’aiuto dei nostri Carabinieri tutti i tasselli vengono ricostruiti. C’è solo da aspettare che i “corsari” si tradiscano. E il passo falso avviene puntualmente nell’ottobre 2002: a due anni di distanza dal furto, i quattro sub inglesi mettono in vendita i reperti del Pollux nelle più famose case d’asta londinesi. La loro cattura è immediata e il tesoro viene interamente restituito all’Italia. Sul fondo del Tirreno rimarrà però, ormai irrecuperabile, la maggior parte del tesoro. Immense fortune, viaggi avventurosi su velieri da sogno, mappe segrete che nascondono i luoghi del naufragio. Ci sono tutti gli ingredienti per accendere la fantasia di ricchi imprenditori senza scrupoli. Sono i “nuovi pirati”, che al posto di sciabole e uncini mostrano scafandri e detector satellitari. Ma gli sterminati fondali oceanici sono così ricchi di tesori che sarà difficile fermarli.
giovedì 6 settembre 2007
Tesoro vichingo.
Ritrovato importante tesoro vichingo nello Yorkshire (UK)
Un favoloso tesoro vichingo, composto da 617 pezzi in argento, un bracciale a fascia e un tamburo rivestito d’argento, è stato scoperto con dei metal detector in Gran Bretagna. Lo ha reso noto oggi il British Museum.Secondo il museo londinese si tratta del più importante tesoro dei Vichinghi scoperto nel paese da più di 150 anni. Il suo ritrovamenti si deve a due britannici, David Whelan, 60 anni, e il figlio Andrew, 25 anni, che facevano ricerche nel North Yorkshire (Inghilterra settentrionale).Alcuni pezzi provengono, secondo il British Museum, da Afghanistan, Russia, Scandinavia, Europa continentale e Irlanda. In alcuni casi sono modelli molto rari che fanno riferimento all’islam, alla cristianità e ad una forma pre-cristiana di religione dei Vichinghi.
Un favoloso tesoro vichingo, composto da 617 pezzi in argento, un bracciale a fascia e un tamburo rivestito d’argento, è stato scoperto con dei metal detector in Gran Bretagna. Lo ha reso noto oggi il British Museum.Secondo il museo londinese si tratta del più importante tesoro dei Vichinghi scoperto nel paese da più di 150 anni. Il suo ritrovamenti si deve a due britannici, David Whelan, 60 anni, e il figlio Andrew, 25 anni, che facevano ricerche nel North Yorkshire (Inghilterra settentrionale).Alcuni pezzi provengono, secondo il British Museum, da Afghanistan, Russia, Scandinavia, Europa continentale e Irlanda. In alcuni casi sono modelli molto rari che fanno riferimento all’islam, alla cristianità e ad una forma pre-cristiana di religione dei Vichinghi.
mercoledì 5 settembre 2007
Tesoro da 500.000 dobloni
WASHINGTON - Il veliero sarebbe di chiara epoca coloniale e sarebbe adagiato sul fondo dell'oceano Atlantico, in un punto che gli "esploratori di profondità marine" della Odyssey Marine Exploration di Tampa, in Florida, mantengono volutamente imprecisato. Ma era lì, nelle sue malandate stive, che questa nave naufragata nel 17esimo secolo conteneva il più inestimabile tesoro sommerso mai scoperto fino ad oggi: 17 tonnellate di pezzi d'oro e d'argento, 500 mila dobloni. Valore stimato, "cinquecento milioni di dollari, almeno", stando a quanto sostengono gli scopritori. A dare la notizia della clamorosa scoperta è stato il responsabile della Odyssey, Gregg Stemm, il quale ha dichiarato che il tesoro "è stato interamente recuperato" e che un aereo con centinaia di contenitori in plastica è già atterrato in un punto imprecisato del territorio degli Stati Uniti. In quei contenitori di plastica, oltre cinquecentomila pezzi d'oro e argento. Dobloni autentici. In verità quei dobloni nella loro totalità nessuno li ha mai visti. Tuttavia un esperto in numismatica, Nick Bruyer, ha dichiarato di averne esaminati alcuni e di non avere dubbi sulla loro autenticità: "Per questa epoca coloniale direi che siamo di fronte a una scoperta senza precedenti. Non sono a conoscenza di qualcosa neppure lontanamente paragonabile". La Odissey evidentemente si guarda bene dal rivelare dove il veliero sia naufragato, nè tantomeno di dire dove siano custoditi i preziosi dobloni. Il responsabile degli 'esploratori delle profondita' marine si è limitato a far sapere che sull'argomento sarà presto diffusa una dichiarazione ufficiale.
Ha aggiunto solo che l'intera operazione è denominata "Cigno Nero" e che il veliero sarebbe naufragato in una zona in cui molte altre imbarcazioni di quel periodo colarono a picco, in un punto "al di là di ogni limite per quanto riguarda acque territoriali o giurisdizioni varie". Sul vascello fantasma per ora è mistero. Si sa solo che l'operazione 'Cigno Nero' prenderebbe il nome dal simbolo di uno dei dobloni recuperati, che recherebbe appunto l'immagine incisa di un cigno nero. Un dato certo però c'è: un legale della Odyssey Marine Exploration nell'autunno scorso aveva presentato a un giudice federale questa richiesta formale: "la Odyssey ha trovato i resti di un vascello del 17/mo secolo con un prezioso carico a bordo, naufragato 40 miglia al largo della punta sud occidentale dell'Inghilterra. Ne chiediamo l'utilizzo dei diritti". Il giudice aveva firmato un'ordinanza assicurando che i diritti relativi a quel ritrovamento sarebbero stati garantiti. Quanto all'autenticità della scoperta, il numismatico che finora si è esposto al riguardo, Nick Bruyer, ha detto di aver osservato molti pezzi e di aver verificato che "sono meglio conservati di altri ritrovamenti precedenti". La più importante scoperta di questo tipo risale al 1985, quando un ricercatore americano considerato una sorta di pioniere in questo genere di attività, Mel Fisher, trovò nelle acque al largo della Florida i resti del galeone spagnolo "Nuestra Senora de Atocha", naufragato nel 1622. Quella scoperta fruttò a Fisher 400 milioni di dollari. Gli storici credono tuttavia che continui a giacere sul fondo degli oceani (si presume al largo di Gibilterra) il veliero più prezioso, 'Her Majesty Sussex': trasportava le nove tonnellate di pezzi d'oro necessarie per comprare il 'Duca di Savoia'. Naufragò nel 1694. Non è mai stato ritrovato. (19 maggio 2007)
Ha aggiunto solo che l'intera operazione è denominata "Cigno Nero" e che il veliero sarebbe naufragato in una zona in cui molte altre imbarcazioni di quel periodo colarono a picco, in un punto "al di là di ogni limite per quanto riguarda acque territoriali o giurisdizioni varie". Sul vascello fantasma per ora è mistero. Si sa solo che l'operazione 'Cigno Nero' prenderebbe il nome dal simbolo di uno dei dobloni recuperati, che recherebbe appunto l'immagine incisa di un cigno nero. Un dato certo però c'è: un legale della Odyssey Marine Exploration nell'autunno scorso aveva presentato a un giudice federale questa richiesta formale: "la Odyssey ha trovato i resti di un vascello del 17/mo secolo con un prezioso carico a bordo, naufragato 40 miglia al largo della punta sud occidentale dell'Inghilterra. Ne chiediamo l'utilizzo dei diritti". Il giudice aveva firmato un'ordinanza assicurando che i diritti relativi a quel ritrovamento sarebbero stati garantiti. Quanto all'autenticità della scoperta, il numismatico che finora si è esposto al riguardo, Nick Bruyer, ha detto di aver osservato molti pezzi e di aver verificato che "sono meglio conservati di altri ritrovamenti precedenti". La più importante scoperta di questo tipo risale al 1985, quando un ricercatore americano considerato una sorta di pioniere in questo genere di attività, Mel Fisher, trovò nelle acque al largo della Florida i resti del galeone spagnolo "Nuestra Senora de Atocha", naufragato nel 1622. Quella scoperta fruttò a Fisher 400 milioni di dollari. Gli storici credono tuttavia che continui a giacere sul fondo degli oceani (si presume al largo di Gibilterra) il veliero più prezioso, 'Her Majesty Sussex': trasportava le nove tonnellate di pezzi d'oro necessarie per comprare il 'Duca di Savoia'. Naufragò nel 1694. Non è mai stato ritrovato. (19 maggio 2007)
Maxi-tesoro sommerso,Odissey in tribunale
Maxi-tesoro sommerso, Odissey in tribunale
Una fortuna di 370 milioni di euro contesa tra cacciatori d''oro e il governo spagnolo
Ricordate la vicenda dell’Odissey? La società americana di cacciatori di tesori sommersi che ha messo mano sulla più grande fortuna mai trovata finora sui fondali dell''Oceano, per un valore di 370 milioni di euro? Bene, la disputa sulla proprietà del tesoro è arrivata nei tribunali statunitensi. A Tampa (Florida) è iniziato il processo. Il ministero di Cultura iberico, infatti, ha deciso di denunciare l’impresa americana, perchè crede che le monete rinvenute siano dobloni spagnoli e la nave un galeone spagnolo che trasportava valori per conto della Corona. La compagnia americana ha risposto alle accuse esibendo una documentazione secondo la quale le autorità spagnole avrebbero autorizzato le operazioni di ricerca, ma dalla Spagna si assicura che fu concesso solo il via libera alle ricerche in acque spagnole di un’altra nave, il Sussex, appartenente alla flotta inglese e delle cui ricerche Londra aveva incaricato Odissey. A confermare i sospetti spagnoli di una "spoliazione" del patrimonio nazionale la la grande segretezza che ha circondato tutte le operazioni di recupero dell’Odissey, oltre alla spedizione in tutta fretta delle monete negli Stati Uniti. Ma anche alcuni tentativi di accordi realizzati dall’impresa americana in ’tempi non sospettì e che, alla luce dei fatti, potrebbero aver costituito dei tentativi di aggirare l’ostacolo con un accordo previo con la Spagna. Ora la Giustizia statunitense dovrà stabilire a chi appartengono le monete rinvenute in fondo al mare e se effettivamente si tratta della nave inglese Sussex. Ma, in Spagna, continuano le critiche all’azione del governo, che avrebbe agito senza coordinazione con il governo autonomo dell’Andalusia, causando problemi nei controlli alla compagnia. E alla poca tempestività con cui si sarebbe tentato di bloccare gli americani. La prima udienza. L’impresa americana Odyssey ha chiesto al giudice della Florida, la possibilità di poter prorogare fino al 6 agosto la presentazione del rapporto archeologico circa il tesoro ritrovato durante l’operazione battezzata Cigno nero. James Goold, l’avvocato che difende lo Stato spagnolo nei tribunali americani, chiederà, scrive l’agenzia Efe, al giudice di opporsi alla richiesta di Odyssey in quanto la stessa ha già avuto sufficiente tempo. La società di cacciatesori di tesori, che ha sede a Tampa, lo scorso 18 maggio comunicò dal porto di Gibilterra il ritrovamento sottomarino, da parte delle sue due barche ’Ocean Alert’ e ’Odyssey Explorer’, di 500 mila monete d’argento e d’oro di valore pari a 500 milioni di dollari. In quel caso non era stato specificato il punto preciso del ritrovamento facendo così insospettire le autorità spagnole che ordinarono la perquisizione immediata non appena le navi fossero entrate in acque territoriali. Cosa che accadde lo scorso 12 luglio quando la polizia spagnola costrinse ’Ocean Alert’ ad attraccare al porto di Algeciras (Andalusia). Dopo il ritrovamento, Odyssey aveva dichiarato che il tesoro era stato inviato negli Stati Uniti per motivi di sicurezza. Le autorità spagnole vogliono verificare se il tesoro apparteneva a un galeone spagnolo o è stato ritrovato in acque del paese e se l’impresa statunitense, quindi, sta commettendo reato di appropriazione indebita e spoliazione di patrimonio nazionale. La parola passa al giudice americano che deciderà se accogliere o meno la richiesta di Odyssey. A chi fosse interessato ad approfondire la vicenda segnalo un video postato su YouTube davvero interessante. http://video.google.com/videoplay?docid=-4989292943630848720&q=%22odyssey+marine%22&total=8&start=0&num=10&so=0&type=search&plindex=2
Una fortuna di 370 milioni di euro contesa tra cacciatori d''oro e il governo spagnolo
Ricordate la vicenda dell’Odissey? La società americana di cacciatori di tesori sommersi che ha messo mano sulla più grande fortuna mai trovata finora sui fondali dell''Oceano, per un valore di 370 milioni di euro? Bene, la disputa sulla proprietà del tesoro è arrivata nei tribunali statunitensi. A Tampa (Florida) è iniziato il processo. Il ministero di Cultura iberico, infatti, ha deciso di denunciare l’impresa americana, perchè crede che le monete rinvenute siano dobloni spagnoli e la nave un galeone spagnolo che trasportava valori per conto della Corona. La compagnia americana ha risposto alle accuse esibendo una documentazione secondo la quale le autorità spagnole avrebbero autorizzato le operazioni di ricerca, ma dalla Spagna si assicura che fu concesso solo il via libera alle ricerche in acque spagnole di un’altra nave, il Sussex, appartenente alla flotta inglese e delle cui ricerche Londra aveva incaricato Odissey. A confermare i sospetti spagnoli di una "spoliazione" del patrimonio nazionale la la grande segretezza che ha circondato tutte le operazioni di recupero dell’Odissey, oltre alla spedizione in tutta fretta delle monete negli Stati Uniti. Ma anche alcuni tentativi di accordi realizzati dall’impresa americana in ’tempi non sospettì e che, alla luce dei fatti, potrebbero aver costituito dei tentativi di aggirare l’ostacolo con un accordo previo con la Spagna. Ora la Giustizia statunitense dovrà stabilire a chi appartengono le monete rinvenute in fondo al mare e se effettivamente si tratta della nave inglese Sussex. Ma, in Spagna, continuano le critiche all’azione del governo, che avrebbe agito senza coordinazione con il governo autonomo dell’Andalusia, causando problemi nei controlli alla compagnia. E alla poca tempestività con cui si sarebbe tentato di bloccare gli americani. La prima udienza. L’impresa americana Odyssey ha chiesto al giudice della Florida, la possibilità di poter prorogare fino al 6 agosto la presentazione del rapporto archeologico circa il tesoro ritrovato durante l’operazione battezzata Cigno nero. James Goold, l’avvocato che difende lo Stato spagnolo nei tribunali americani, chiederà, scrive l’agenzia Efe, al giudice di opporsi alla richiesta di Odyssey in quanto la stessa ha già avuto sufficiente tempo. La società di cacciatesori di tesori, che ha sede a Tampa, lo scorso 18 maggio comunicò dal porto di Gibilterra il ritrovamento sottomarino, da parte delle sue due barche ’Ocean Alert’ e ’Odyssey Explorer’, di 500 mila monete d’argento e d’oro di valore pari a 500 milioni di dollari. In quel caso non era stato specificato il punto preciso del ritrovamento facendo così insospettire le autorità spagnole che ordinarono la perquisizione immediata non appena le navi fossero entrate in acque territoriali. Cosa che accadde lo scorso 12 luglio quando la polizia spagnola costrinse ’Ocean Alert’ ad attraccare al porto di Algeciras (Andalusia). Dopo il ritrovamento, Odyssey aveva dichiarato che il tesoro era stato inviato negli Stati Uniti per motivi di sicurezza. Le autorità spagnole vogliono verificare se il tesoro apparteneva a un galeone spagnolo o è stato ritrovato in acque del paese e se l’impresa statunitense, quindi, sta commettendo reato di appropriazione indebita e spoliazione di patrimonio nazionale. La parola passa al giudice americano che deciderà se accogliere o meno la richiesta di Odyssey. A chi fosse interessato ad approfondire la vicenda segnalo un video postato su YouTube davvero interessante. http://video.google.com/videoplay?docid=-4989292943630848720&q=%22odyssey+marine%22&total=8&start=0&num=10&so=0&type=search&plindex=2
Trovato tesoro in Inghilterra
Di seguito una vecchia notizia del 1993
Cercava un martello, trova un tesoro inestimabileLa Passione per il metal detector ha fatto la fortuna di un giardiniere inglese. Ha trovato nel sottosuolo gioielli romani del 400 dopo Cristo. E per averli il British Museum gli deve una somma enorme.LONDRA - Questa volta la formula magica <> ha assunto la forma tecnologicamente avanzata di un "metal detector". Ma per il giardiniere inglese Eric Lawes il risultato è stato identico: scoprire un tesoro da Mille e una notte. Oro, argento e gioielli appartenuti ad una famiglia romana del 400 dopo Cristo. Una favola in piena regola in cui il protagonista si trasforma da tranquillo pensionato in super-miliardario. Lawes, sessantanove anni, da tempo coltivava l'hobby di passeggiare per la campagna nella zona di Diss - al confine tra le contee di Norfolk e di Suffolk - munito dello strumento per individuare i metalli nel sottosuolo. A novembre un contadino suo amico lo aveva pregato di andare a cercare un martello smarrito in un campo. Il martello non fu mai ritrovato; in compenso a pochi centimetri sottoterra l'ex-giardiniere individuò i resti di una cassa di legno con 14.780 monete d'oro e d'argento e una quantità di gioielli, cucchiai, saliere e altri oggetti per la tavola, tutte di epoca romana. Ieri un tribunale della Corona ha deciso che il tesoro diventerà di proprietà dello stato britannico ma che lo scopritore dovrà essere risarcito a prezzi di mercato con una cifra che oscillerà fra i 12 e 25 miliardi di lire.<>. A giudizio degli esperti è molto probabile che il patrimonio sia stato seppellito da una facoltosa famiglia quando, in un clima di estrema instabilità l'Impero Romano si ritirava dalla Gran Bretagna. Su alcuni monili è inciso il nome dei probabili proprietari: Aurelius Ursinicius e Iuliana. I cucchiai hanno un monogramma usato dai primi cristiani. Il "tesoro di Diss" sarà esposto la settimana prossima al British Museum che l'ha catalogato e vorrebbe tenerselo. Il museo non è però sicuro di avere abbastanza sterline in cassa per pagare il giardiniere. Ma chissà che mister Lawes, da buon suddito di Elisabetta II, non decida di concedere una rateizzazione.G.G.(IL SECOLO XIX, 5/9/93
Cercava un martello, trova un tesoro inestimabileLa Passione per il metal detector ha fatto la fortuna di un giardiniere inglese. Ha trovato nel sottosuolo gioielli romani del 400 dopo Cristo. E per averli il British Museum gli deve una somma enorme.LONDRA - Questa volta la formula magica <
sabato 18 agosto 2007
TESORI SOMMERSI SCOPERTI E DA SCOPRIRE
In questo blog si parlerà di libri, articoli, notizie che trattano sui tesori sommersi e non, scoperti e da scoprire.Recensioni di libri pubblicati i questi anni di cui ho una collezione ,articoli presi in giro della rete, notizie aggiornate sui tesori scoperti.Il perchè di questo blog nasce dal mistero e dal fascino che i tesori perduti hanno suscitato nell'uomo nei corsi dei secoli.
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