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giovedì 15 ottobre 2009

Italia Terra di Tesori

Pare che l’Italia pulluli di tesori nascosti; in Piemonte, ad esempio, e precisamente a Belveglio (Asti), sotto il castello Belvedere che anticamente aveva l’allegro nome di Malamorte, esiste un dedalo di gallerie, anfratti, grotte dove si cela un ricchissimo tesoro composto da monete e gemme preziose.
Nelle vicinanze di Villar Perosa invece c’è il “Roccio d’la Fantina”, un masso su cui qualcuno ha tracciato con la calce dei misteriosi segni, quasi una mappa: dicono che chi riuscirà a decifrarli troverà tutti i tesori nascosti nella vallata.
Per scoprire quelli anfrattati nei territori marchigiani bisogna munirsi di una “palla simpatica”, una sfera di legno alla quale è legata, con un rametto di faggio, una calamita; ad ogni modo molti oggetti preziosi sembra siano sepolti sotto le rovine del castello posto sul Colle di Santa Colomba vicino a Pergola, mentre nelle viscere del monte San Cristoforo è nascosto un telaio tutto d’oro.
Nella lombarda Trezzo sull’Adda, sotto i ruderi del castello, dicono che vi siano ancora pezzi dimenticati del tesoro del Barbarossa, arraffato dai milanesi dell’epoca.
Altre ricchezze stanno nei fondi dei castelli di Urgnano e di Pandino; visto che l’unione fa la forza anni fa, a Treviglio, un gruppo di speranzosi amici fondò l’”Associazione Anonima Tesori” con tanto di sedi (via Adua 1 e via Terraccio 1), regolamento e carta intestata: purtroppo il sodalizio si sciolse dopo varie infruttuose esplorazioni dei succitati sotterranei.
A Gaeta, vicino al promontorio detto La Nave, c’è un buco nella roccia chiamato Pozzo del Diavolo dal quale esce uno stranissimo rumore prodotto dalle onde che si rifrangono sul fondo: dicono che lì si trovino anfore zeppe di preziosi d’altissimo valore.
A Cosenza, nel fiume Busento, insieme a Re Alarico sono sepolte le sue ricchezze e a Longobuco, poco dopo il ponte sul Trionfo, ci si imbatte in una grossa roccia chiamata “la Gnazzita”; basta sollevarla per trovare sotto di essa una chioccia d’oro attorniata da tanti pulcini d’oro anch’essi.Per la cronaca, la chioccia d’oro coi pulcini o le uova era una tipica opera d’arte d’epoca bizantina, una specie di divinità casalinga che simboleggiava la famiglia e la relativa protezione matriarcale.Quasi tutte le dame nobili ne avevano una, più o meno grande a seconda della ricchezza familiare; e di tesori leggendari che citano chiocce d’oro ce ne sono molti sparsi in tutta Italia: basta cercarli.
Infine è interessante sapere che nel 492 d.C. gli abitanti di Aquileia, assediati dalle truppe di Attila, decisero di abbandonare la città; ma prima scavarono un profondo pozzo, vi nascosero tutte le loro ricchezze e lo riempirono di terra.
Però nessuno fu poi in grado di ritrovarlo e, sino ai primi del 1900, nei contratti di vendita dei terreni vi era inclusa una clausola tramite la quale il venditore si riservava, in caso fosse stato localizzato, l’esclusiva proprietà del pozzo e del suo contenuto: ma ancora oggi è sempre lì, che aspetta paziente di essere scoperto.

Autore Mitì Vigliero

1 commento:

Mitì Vigliero ha detto...

Felice che questo mio articolo ti sia piaciuto. Ti prego solo di indicare il mio nome come autrice, o, in caso contrario, di eliminarlo dal tuo blog, essendo tutelato da copyright. Grazie.
Mitì Vigliero
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